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Aurora Sanseverino

di Vincenzo Falasca

 

Dipinto di Francesco Solimena (foto di Vincenzo Falasca)Aurora Sanseverino è ricordata fra le poetesse lucane di maggior rilievo.

Figlia del Principe di Bisignano e Conte di Saponaria Carlo Maria Sanseverino e della siciliana Maria Fardella, contessa di Paceco, nacque a Saponaria il 28 aprile del 1669.

Alla giovanissima età di 13 anni, costrettavi dal padre, il 13 aprile 1682 andò sposa a Girolamo Acquaviva, Conte di Conversano.

Dopo qualche anno, rimasta vedova, rientrò a Saponaria, e compì numerosi viaggi, con il padre, a Palermo e a Napoli.

Risposatasi con Niccolò Gaetani D’Aragona, Principe di Laurenzana e di Piedimonte, si stabilì a Napoli.

Nell’ambiente napoletano dell’epoca, nella casa di Donna Aurora (ora in via Bisignano 3, nei pressi del lungomare di Santa Lucia)si formò una vera e propria accademia, ove confluirono i migliori artisti e poeti della città, divenendo il maggior centro culturale del Regno di Napoli. Fu una vera mecenate e commissionò la musica delle sue commedie ai maggiori musicisti dell’epoca: Hendel, Cimarosa, Perti, ecc.

Si iscrisse all’Accademia Arcadia di Roma, divenendo nota con lo pseudonimo di Lucinda Coritesia.

Sin da quindici anni aveva composto numerosi sonetti e canzoni e una bellissima egloga inviata a Giovanni Mario Crescimbeni, custode dell’Accademia Arcadia. Aurora era una donna bellissima “con capelli ricciuti, grandi occhi, sorriso affascinante”, ma anche atletica e cacciatrice, poiché soleva andare a caccia di cinghiali con la lancia cavalcando.

Morì a Piedimonte (oggi Matese) il 2 luglio 1726, all’età di cinquantasette anni.

Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, il più famoso alchimista del Settecento e committente del celeberrimo Cristo velato di Giuseppe Sammartino (nella Cappella Sansevero a Napoli, oggi in via De Santis), era suo nipote.

 

Della sua produzione poetica ci resta pochissimo, appena tre sonetti e alcuni stralci di commedie musicali, queste ultime al Museo musicale San Petronio a Bologna. Fortemente intrisa del sentore letterario dell'Arcadia, la poesia di Aurora Sanseverino risentiva, però, delle mode letterarie dell’epoca, e “interpretava i costumi di una società agiata e benestante”.

L'arte di Aurora Sanseverino si può apprezzare leggendo il primo dei tre sonetti salvati:

 

"Sfoga pur contro me, Cielo adirato

Quanto più fai tuo aspro furore

Spegner favilla al mio cocente ardore

Puoi ben torni, ch’io possa in su l’amato

Volto nutrir quest’affannato cuore

Ma sveller non puoi già dal manco lato

Il dolce stral con cui ferimmi Amore

Siami pur forte rea ogn’or più infesta

Viva pur l’alma in pianto ed in cordoglio

Che il mio fermo desir ciò non arresta

Io son di vera fede immobil scoglio

Cui di continuo il vento, e ‘l mar tempesta

Ma non si frange al lor feroce orgoglio."

 

 

 


 

Copyright testo e immagini (ove non inseriti altri riferimenti) di Vincenzo Falasca.