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Le terme imperiali

di Francesco Tarlano, Hansjorg Thaler e Anemone Zschätzsch

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La storia della scoperta delle cosiddette "terme imperiali" di Grumentum è estremamente interessante: nel 1970 lo studioso Schmiedt ipotizzò, sulla base delle tracce visibili da foto aeree, la presenza di terme nell’area che fu poi indagata dal 1999 al 2003 dall’Università di Innsbruck. I dati archeologici hanno poi dimostrato che il complesso termale sorse su preesistenti strutture di epoca repubblicana, obliterate in occasione della sua costruzione. Le terme imperiali furono progettate a partire dal 60 a.C., e rimasero in uso fino all’inizio del III sec. d.C., quando probabilmente il complesso fu distrutto da un violento terremoto.

Fra le strutture repubblicane si annovera una casa (domus) con atrio e impluvio, all’interno della quale è stato rinvenuto un mosaico con un emblema (ossia la parte centrale, in genere la più pregiata di tutto il mosaico) rettangolare a fondo bianco, con bordo costituito da un motivo a torri merlate lungo i quattro lati, realizzato con tessere nere.

Planimetria delle terme imperiali di Grumentum

La domus verrà inglobata nel complesso delle terme.

Dopo l’abbandono dell’area termale, nel V sec. fu realizzato un panificio con forno ai margini settentrionali della domus, mentre l’area termale fu destinata a necropoli in età altomedievale.

Lo straordinario complesso termale, uno dei meglio conservati al mondo, è del tipo "a schiera", orientato rispetto alla rete stradale urbana, e consta di 15 ambienti: l’ingresso principale si affacciava sul decumano inferiore, e, attraverso un corridoio si accedeva alle latrine e al frigidarium, dove si è conservato uno splendido mosaico con i motivi ittici, di Scilla e dei Giganti. Mosaico con Scilla e giganti che decora il frigidariumIl mosaico è a tessere bianche, nere, grigie, blu scuro, turchese e verde. La cornice esterna è grigia, con bordo a motivi floreali (foglie d’acanto trilobate e viticci a volute) e quattro figure maschili agli angoli, che rappresentano Giganti dalle estremità serpentiformi, in ginocchio, con le braccia in alto che reggono l’emblema, nel quale sono raffigurati numerosi pesci. Il tema dell’acqua dell’emblema è fortemente in connessione tematica con l’ambiente termale. Al centro si trova Scilla, di prospetto, con il busto nudo, cinto con una corona di pinne, sotto le quali sono raffigurate tre protomi canine; le sue braccia sono alzate, e una mano stringe un ramo. I riflessi dell’acqua sono realizzati con linee ondulate. La datazione del mosaico, molto incerta, andrebbe tra il II e il III sec. d.C.

Dal frigidarium si accedeva verso est a una grossa aula mosaicata, verso sud a un vano absidato con funzione di piscina, e verso nord a un’altra piscina di dimensioni inferiori della prima e all’apodyterium (lo spogliatoio), che portava al primo tepidarium, con un praefurnium molto ampio, e con tracce di ipocausti ai lati.

Il pavimento della grande aula è decorato con un mosaico geometrico, conservatosi per oltre la metà del vano, con volute, palmette, rombi e ottagoni: i confronti, localizzati tutti nell’Africa settentrionale, datano il mosaico tra il II e il IV sec. d.C.

Le terme imperiali. Vista del calidariumDal primo tepidarium si raggiungeva un secondo tepidarium, molto ben conservato, con le suspensurae ancora in loco, così come gli ipocausti, tubi e piastrelle in marmo e i resti di un mosaico con motivi geometrici che trovano confronti a Ostia, databili all’inizio del III sec. d.C.

In fondo era posto il calidarium absidato. Nella parte meridionale del complesso sono presenti tre ambienti ipotizzati come vani di servizio per il riscaldamento del complesso. L’approvvigionamento delle acque proveniva dalla rete idrica urbana servita dall’acquedotto, e le fistulae, provenienti dal cosiddetto macellum in asse con l’acquedotto, fanno pensare che questa struttura fosse un punto di raccolta delle acque. La fase principale della struttura si data tra il periodo augusteo e quello severiano.

All’interno della piscina absidata retrostante il frigidarium, durante lo scavo è stato registrato un eccezionale ritrovamento: sono stati rinvenuti diversi frammenti di statue di dimensioni leggermente inferiori a quelle umane; è probabile che in antico fossero collocate nelle nicchie all’interno dello stesso vano. Le statue rappresentano due ninfe, Afrodite con un delfino e Dioniso, sono tutte acefale e senza braccia, e sono state realizzate con il pregiato marmo pario; sembra che si tratti di modelli ellenistici, e che le statue debbano essere ascritte alla scuola di Efeso (una celebre scuola di scultori che aveva sede nella città anatolica) del II sec. a.C., ma le datazioni sono ancora incerte, e potrebbero oscillare tra il II sec. a.C. e il III sec. d.C.

La statua di Afrodite è in marmo rosa, e non fa parte del gruppo originario; sembra una copia romana di un originale ellenistico, databile tra II e III sec. d.C. Sembrerebbe che le statue fossero state distrutte mentre si trovavano ancora in questo luogo in epoca tardo antica, per poi essere abbandonate all'interno delle macerie che hanno colmato la piscina.

 

 

 


Il presente contributo rappresenta una rielaborazione dei testi di Hansjorg Thaler e Anemone Zschätzsch a cura di Francesco Tarlano. Copyright testo e immagini (ove non inseriti altri riferimenti) di Hansjorg Thaler, Anemone Zschätzsch e Francesco Tarlano.