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L'approvvigionamento idrico a Grumentum: l'acquedotto romano


di Francesco Tarlano

 

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Quando nella metà del I sec. a.C. il piccolo abitato lucano fu dedotto come colonia, probabilmente in età cesariana, lo schema urbano e il territorio subirono importanti modifiche finalizzate a rendere l'area pienamente "romanizzata".

Il problema dell’acqua, da sempre fondamentale nelle scelte insediative e nei programmi di uso del territorio, era fortemente sentito nell’antichità, stando a quanto riportano numerose fonti letterarie antiche. Ad esempio, Dionigi di Alicarnasso valutava la grandezza dell’impero romano «straordinaria soprattutto per tre cose: acquedotti, strade e cloache»; dello stesso parere era Strabone. Plinio e Frontino contrapponevano l’utilità pubblica delle opere idrauliche romane alla vanità di opere di altre culture antiche, come quelle egizie o greche.

Tra le opere infrastrutturali romane in Val d'Agri, riveste dunque particolare importanza la realizzazione di un acquedotto che forniva l'acqua alla città dopo un percorso di oltre 4 km, che oggi tocca i comuni di Moliterno, di Sarconi e di Grumento Nova.

Fin dal Settecento numerosi eruditi locali citano la struttura, descrivendone i resti, che dovevano all'epoca presentare uno stato di conservazione di gran lunga migliore rispetto a quello attuale. Le descrizioni dei vari tratti sono state riportate infatti nelle opere di Del Monaco, di Gatta, di Ramaglia, di Romanelli, di Roselli, di Lombardi, di Antonio Racioppi, di Fiorelli, di Caputi, di Magaldi. Tutti questi storici indicano le sorgenti in agro di Moliterno, in località Castagneto (a una quota di circa 670 m slm), e poi descrivono a grandi linee il percorso della struttura, che, attraversato il torrente Sciaura in località Pantani di Sarconi, toccava le località Mercato di Sarconi, Pantanelle, Spineta - Valle del Monaco, Bosco del Principe e San Giuseppe di Grumento Nova, per entrare poi nella città dal lato sud (a una quota di circa 590 m slm).

Partendo dai dati noti, tra il 2015 e il 2016 è stato condotto un progetto di ricerca, sotto la mia direzione, con lo scopo di ricostruire il percorso dell'acquedotto, le tecniche edilizie, la pendenza e la portata media e di definire un arco cronologico certo entro il quale inquadrare la realizzazione dell'infrastruttura.

La ricerca, svolta con indagini topografiche e ricognizioni archeologiche, corredate dall’analisi critica delle fonti scritte e dalla lettura delle fotografie aeree, ha permesso di proporre una ricostruzione integrale del percorso, dalle sorgenti fino al castellum aquae. I nuovi dati del survey sono integrati da dati inediti di scavi d’emergenza condotti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata, che ha indagato un tratto sotterraneo della struttura. Infatti, grazie alle indagini archeologiche connesse a un'opera di metanizzazione dell'area, svolte nel 2015 sotto la direzione scientifica del dr. Salvatore Pagliuca, sono stati individuati in località Pantanelle - Porcile Simonetti dei tratti sotterranei dell'acquedotto, che quindi doveva correre in parte in alzato e in parte sotto terra per mantenere il più possibile costante la quota di scorrimento.

I rilievi plano-altimetrici con fotogrammetria stereoscopica e l’analisi dell’elevato nei tratti con strutture in alzato hanno permesso di ricostruire le tecniche edilizie e di inquadrarne la realizzazione in concomitanza con la monumentalizzazione e la possibile deduzione coloniaria di Grumentum.

In generale, lungo l'intero percorso si riconoscono varie unità topografiche:

1. l'area delle sorgenti, sebbene non restituisca evidenze archeologiche o materiali in dispersione, è ancora oggi ricchissima di acque sorgive, convogliate nella fontana monumentale seicentesca della Madonna di Arsiene (Moliterno);

2. le prime evidenze murarie si localizzano in località Pantani di Sarconi, dove sono ancora visibili resti di strutture con nucleo in cementizio e paramenti in quasi reticolato;

3. un lungo tratto di acquedotto con la medesima tecnica si riconosce in località Mercato, in parte obliterato da strutture pertinenti a un'urbanizzazione recente;

4. nell'area dello scavo di cui si è parlato in precedenza, l'acquedotto correva sotterraneo. Qui è stato possibile studiarne approfonditamente la tecnica edilizia, con il canale in cui è ben visibile la sezione dello speco coperta con una volta a botte;

5. per far fronte alla depressione che il terreno disegna in località Spineta - Valle del Monaco, per oltre 500 m la struttura correva su arcate di cui restano in piedi vari piedritti, realizzati in opera quasi reticolata con fondazione a sacco. Le arcate presentavano piloni di 2,40 x 0,90 m, con una luce tra gli archi alla base di circa 1,80 m; l'altezza dei piedritti era variabile per mantenere costante la pendenza, ma in alcuni punti questa in antico  raggiungeva un'altezza superiore anche ai 6 m;

6. nel tratto finale in località San Giuseppe, la struttura in muratura piena rappresenta un rifacimento tardo della struttura originaria.

Lungo il percorso si riconoscono poi strutture accessorie, come ad esempio anomalie interpretabili come vasche limarie.

All'ingresso in città, l'analisi della fotografia aerea e il riconoscimento di cropmarks hanno permesso di individuare l'area del probabile castellum aquae, indagata con indagini geofisiche grazie alle quali è stato possibile abbozzare una pianta dell'evidenza nel sottosuolo, in attesa di ulteriori scavi stratigrafici.

L'intero percorso si organizza su due orientamenti; il primo sud ovest / nord est, il secondo sud /nord.

In alcuni tratti è stato possibile riconoscere perfettamente lo speco in situ: il canale in malta idraulica particolarmente liscia al tatto foderava una preparazione in cocciopesto.

Le ricerche sulla sezione dello speco nei tratti in cui questo si conserva integralmente hanno permesso di ricostruire la portata, attraverso una serie di calcoli idraulici che tengono conto delle variabili come la pendenza, la superficie bagnata, la scabrezza del materiale con cui fu realizzato lo speco.

Si è così potuto calcolare che l'acquedotto, che presentava la pendenza media di circa 1,2%, doveva trasportare quasi 3000 mc di acqua al giorno in città.

Come era tipico nei castella aquae romani, l'acqua veniva distribuita tra fontane, terme e utenza privata. Numerose fistule plumbee attraverso le quali si provvedeva alla distribuzione sono state ritrovate nell'area urbana.

Infine, è stato possibile calcolare che, stando a quanto Hodges considera il fabbisogno medio di un cittadino romano, l'acqua che giungeva a Grumentum tramite l'acquedotto poteva soddisfare il fabbisogno medio quotidiano di un numero tra i 6000 e gli 8000 cittadini. Questo calcolo risulta ovviamente soltanto indicativo, ma dà un'idea dell'importanza del centro nel momento del suo massimo splendore, nonchè della monumentalità di un'opera idraulica degna della grande ingegneria romana.

 

 


Copyright testo e immagini (ove non inseriti altri riferimenti) di Francesco Tarlano.