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Grumentum e il suo territorio. Storia degli studi, dalle prime ricerche di storici locali alle recenti indagini archeologiche


di Francesco Tarlano

 

Il toponimo di Grumentum è citato in varie fonti letterarie antiche: Livio ne parla a proposito di due episodi di guerra annibalica; Seneca, Macrobio, Appiano e Floro menzionano il centro come teatro di scontri e distruzioni durante la guerra sociale, Plinio e Strabone menzionano l'abitato tra i piccoli centri della Lucania interna e parlano delle pregiate produzioni di vino Lagarino non lontano da Grumentum, il Liber Coloniarum parla della centuriazione nel suo territorio, dalla Tabula Peutingeriana e dall'Itinerarium Antonini si possono ricostruire le direttrici stradali che portavano alla città, l'Anonimo Ravennate e Guidone sostengono che in età tardo imperiale il suo territorio confinava addirittura con quello di Taranto.

Tuttavia, nei secoli bui del Medioevo l'abitato ormai abbandonato diventa una cava per reperire materiali da costruzione e si perde il ricordo dell'antica gloria. Bisogna attendere la seconda metà del Seicento per collocare esattamente la Grumentum citata nelle fonti nei pressi di Saponaria, quando Luca Holstenius nella sua opera Annotationes in Italiam Antiquam Cluverii del 1666, corresse alcune supposizioni fatte da Filippo Cluverius, che aveva ipotizzato una collocazione del centro nei pressi di Chiaromonte.

Fu a partire dal Settecento, in un periodo di riscoperta del classico, che iniziarono le prime ricerche nella città romana, grazie soprattutto all’opera di storici e archeologi, tra i quali spicca il nome di Carlo Danio, arciprete e archeologo saponarese. La lettera di Giacomo Antonio Del Monaco a Matteo Egizio, nella quale sono elencati i ritrovamenti effettuati dal Danio, rappresenta la prima pubblicazione di archeologia grumentina. Carlo Danio infatti, anche se non pubblicò nulla, condusse vari saggi di scavo tra le rovine del teatro e del foro e riconobbe i resti dei pilieri (i piedritti) dell'acquedotto e segnalò per primo i resti di una struttura romana (forse un edificio sacro) al di sotto della Chiesa Collegiata di Saponara, la cui immagine dell'abitato è stata per la prima volta pubblicata dall'abate Pacichelli.

Dopo il Danio altri studiosi si occuparono di Grumentum: Sebastiano Paoli raccolse le numerose epigrafi; Niccolò Ramaglia, nel suo Memorie Grumentine Saponariensi del 1736 unì notizie storiche ad aneddoti privi di fondamento e preparò un'altra tavola del borgo di Saponara, rimasta inedita.

Il medico saponarese Francesco Saverio Roselli riportò nella sua Storia Grumentina del 1790 numerose notizie che denotavano una profonda conoscenza del territorio: citò infatti tutti i principali monumenti di Grumentum e del suo suburbio noti all'epoca; il barone Giuseppe Antonini, dedicò ampio spazio alla Val d’Agri nella sua opera sulla Lucania antica.

Nell’Ottocento le ricerche archeologiche in agro grumentino furono portate avanti dal tramutolese Andrea Lombardi, che ha il merito di interessarsi per primo di territorio, e, più in generale, di tematiche topografiche come la viabilità e il popolamento antico della valle. Ad esempio Lombardi riferisce della scoperta, ad opera del De Stefano, di tombe arcaiche nel centro abitato di Marsico Nuovo, e riporta notizie di importanti rinvenimenti in agro di Tramutola, Marsicovetere e Viggiano. Fondamentale è il suo Saggio sulla topografia e sugli avanzi delle antiche città italo-greche, lucane, daune e peucezie comprese nell’odierna Basilicata del 1832, in cui l'archeologo descrive i resti di numerose strutture del suburbio grumentino, quali sepolcri, opere idrauliche, acquedotto.

Theodor Mommsen, durante la stesura del Corpus Inscriptionum Latinarum, giunto sul posto nel 1846, studiò e pubblicò, insieme a Kaibel e Robert, le iscrizioni grumentine raccolte dal Danio, analizzando criticamente molte delle iscrizioni riportate dal Roselli e mappando molte delle iscrizioni proveienti dalle necropoli della città romana e riutilizzate nel borgo di Saponara

Antonio Racioppi, all'interno dell'opera del Cirelli Il Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato del 1852, fa il punto sulle evidenze archeologiche note al tempo.

Nella seconda metà dell’Ottocento i dati desunti dal prosieguo delle ricerche furono pubblicati Giuseppe Fiorelli, Giuseppe Patroni e Vittorio Di Cicco in Notizie degli Scavi di Antichità pubblicate dall'Accademia dei Lincei.

Un posto di rilievo merita certamente l'arciprete saponarese Francesco Paolo Caputi, il quale anticipò numerose ricostruzioni storiche valide tuttora nella sua fondamentale opera Tenue contributo alla storia di Grumento e di Saponara con relative notizie che precedono dell’alta valle dell’Agri e de’suoi altri paesi. Il Caputi presenta un’attenta lettura storico-topografica delle dinamiche insediative della valle, segnalando molti areali dove vennero rinvenute tracce di frequentazione antica e proponendo un'ipotesi di localizzazione dei vari vici che gravitavano attorno alla città. Altra figura importante è quella di Giuseppe De Lorenzo, geologo che ricostruì gli aspetti di evoluzione geomorfologica della valle, antico bacino lacustre.

Dopo l’interesse da parte di Giacomo Racioppi, autore di Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata, ed Emilio Magaldi, a partire dal 1951 iniziarono gli scavi del teatro, diretti da Pellegrino Claudio Sestrieri. Sulla tutela del territorio operò invece per un certo periodo il Museo Provinciale di Potenza.

Tuttavia, è dal 1964, con l’istituzione della Soprintendenza Archeologica della Basilicata, che sono iniziati ricerche e scavi sistematici, grazie all’opera di Dinu Adamesteanu. Dal 1969 fu Liliana Giardino, dell’Università di Lecce, a scavare a Grumentum, ricostruendo gran parte del tessuto urbano della città e le dinamiche storiche dell’abitato, e indagando con scavi stratigrafici diversi settori dell'abitato. Dopo il 1980 la Soprintendenza, sotto la direzione di Paola Bottini prima e di Maria Luisa Nava poi, ha promosso nuovi scavi, specialmente nell’anfiteatro e nel foro, dove è stata ritrovata la famosa testa di Livia capite velato. L'area del foro è stata successivamente studiata anche da un’equipe della Sapienza – Università di Roma, e, dal 2005, da Attilio Mastrocinque (Università di Verona), che ha proposto la datazione cesariana per la deduzione coloniaria del centro. Dal 1999 al 2003 le terme imperiali sono state scavate da Hansjorg Thaler.

Per quanto riguarda il territorio, la Soprintendenza ha effettuato importanti ricerche legate a opere di urbanizzazione e realizzazione di infrastrutture e gasdotti. Specialmente negli ultimi 15 anni, a seguito della scoperta di un importante giacimento petrolifero, e dei lavori per la realizzazione dell’oleodotto Viggiano-Taranto, e della rete di raccolta dai pozzi petroliferi al Centro Olio, numerose scoperte archeologiche hanno permesso di comprendere meglio alcune modalità insediative in valle.

Le prime ricerche territoriali, che fino al 2012 si limitavano a indagini e scavi di archeologia preventiva operati dalla Soprintendenza, sono in corso grazie a un progetto di Topografia antica e di Geoarcheologia, promosso dalle Università di Bologna e della Sapienza – Università di Roma, diretto e coordinato sul campo da Francesco Tarlano per gli aspetti archeologici e da Antonio Priore per gli aspetti geologici. Grazie all’interrelazione di dati bibliografici e d’archivio, di dati raccolti con survey archeologico di superficie e di indagini geomorfologiche, geognostiche e paleoambientali, è stato possibile ricostruire una Carta delle Potenzialità archeologiche dell’alta Val d’Agri, nella quale si colgono appieno in maniera diacronica le dinamiche insediative in rapporto alla geografia fisica, e più in generale si ricostruisce l’evoluzione morfologica e storica di un paesaggio montano particolarmente importante nel quadro archeologico lucano.

 

 


Copyright testo e immagini (ove non inseriti altri riferimenti) di Francesco Tarlano.